Aferpi, Piombino

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Il tema della riconversione economico-produttiva e della tenuta occupazionale e sociale dell’area di Piombino è una delle questioni più rilevanti che la Toscana ha di fronte.
Come eletto in Consiglio Regionale nel territorio ho costantemente seguito la vicenda, che come ho spiegato è condotta direttamente dal presidente Rossi e dal suo staff in collaborazione con il Governo e le istituzioni locali.
Ho condiviso, sia sul piano politico che istituzionale, una linea responsabile di costruzione delle condizioni per la realizzazione di un progetto ambizioso che non è solo Aferpi ma che nella vicenda Aferpi e in quei 600 ettari, per le implicazioni occupazionali e territoriali – diversificazione inclusa – ha il suo fulcro naturale. È stato giusto dare fiducia a Rebrab, aspettarlo, supportarlo con incentivi data la dimensione dell’investimento. Non credo si debba recriminare sull’entusiasmo profuso: era normale dopo anni di sofferenza e incertezza. Semmai si poteva evitare qualche smanceria di troppo che può avergli dato il vantaggio contrattuale di una percezione messianica di sé. 
Tuttavia da tempo i segnali di una dilazione non fisiologica dei tempi c’erano e a suo tempo mi parve opportuno segnalare a chi di dovere i rischi di una posizione che giudicavo troppo passiva. 
I ritardi, gli annunci fotocopia a distanza di mesi, le riunioni disdette e altri segnali rendono oggi non più rinviabile una correzione della linea, che non può essere la stessa di un anno e mezzo fa o di mesi fa di fronte alla perdurante assenza di fatti coerenti con gli impegni assunti.
Come ho detto penso che l’opzione Aferpi, peraltro sancita in atti, resti la priorità e che debba essere esplorata e sostenuta fino in fondo a patto che questo percorso abbia tempi certi. Decorsi inutilmente quei termini – preoccupandosi nel frattempo di assicurare la continuità produttiva e dunque il presidio del mercato, nonché gli ammortizzatori in essere – bisognerà avere la forza di svoltare, perché non si può restare impalati su posizioni sempre più insostenibili con lo scorrere del tempo. E dare al territorio nuove possibilità e soluzioni.
Un dirigente politico con responsabilità istituzionali ha il compito di osservare i risultati che questa relazione può produrre per il territorio e in questi due anni di Cevital a Piombino, a parte la sincopata continuità produttiva (che ha un valore sociale e di difesa del mercato ma non basta a garantire la prospettiva) e la riassunzione dei lavoratori diretti in solidarietà di risultati in grado di aprire una prospettiva non ne sono arrivati. Non un investimento, non un progetto esecutivo, non un passo avanti tangibile sull’attuazione del progetto a parte le complesse attività tecniche istruttorie condotte dal management presso i ministeri competenti, la Regione, il Comune.
Mi è parso utile manifestare la necessità di un cambio di approccio e di passo. Non significa scendere da carri o navi, né tanto meno smarcarsi. Da chi? Da cosa?
Significa essere seri e restare sull’unico riferimento che conta, che non è la difesa statica di posizioni assunte ma è l’interesse generale.
Sono sempre stato a disposizione e do volentieri il mio contributo; di certo così non mi pare si possa andare avanti a lungo e dopo avere sollecitato, stimolato, accompagnato, atteso e osservato mi è sembrato giusto, alcuni giorni fa, dire le cose per come le vedo.
Ho già motivo di pensare di aver fatto bene.

(22 dicembre 2016)

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